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Beni culturali, due mesi per selezionare i restauratori

3 settembre 2015 • News, restauro

Beni Culturali/1. Due mesi per selezionare i restauratori: ma i sindacati contestano il bando

Candidature possibili dal 31 agosto. Per i sindacati però i due mesi preventivati sarebbero troppo pochi per
consentire l’invio delle domande, corredate da titoli di studio e attività svolte nella propria carriera.
Due mesi a partire dal 31 agosto.

È finalmente partita la procedura di selezione per titoli dei restauratori da
parte del ministero dei Beni culturali. Qualche aggiustamento, per la verità, è ancora in corso, visto che i
moduli completi saranno on line solo a partire da venerdì 11 settembre, ma la macchina si sta mettendo in
movimento. I sindacati, però, già chiedono correzioni e proroghe: i due mesi preventivati sarebbero troppo
pochi per consentire l’invio delle domande, corredate da titoli di studio e attività svolte nella propria carriera.
Anche perché, in diversi passaggi, non sarà possibile fermarsi alla valutazione formale dei documenti, ma
bisognerà fare un’analisi di merito, che prenderà tempo.
Il bando per l’acquisizione della qualifica di restauratore è stato pubblicato a giugno scorso, dopo un’attesa
durata diversi mesi . È solo in questi giorni, però, che la procedura sta entrando nel vivo, perché l’iscrizione
dei partecipanti potrà essere fatta a partire dal 31 agosto sul sito del ministero e fino alle ore 12 del prossimo
30 ottobre. Il modo in cui il processo di selezione è stato impostato, però, non convince i sindacati che, con
diversi comunicati unitari, hanno messo nel mirino alcuni aspetti del bando.
Feneal Uil, FIlca Cisl e Fillea Cgil si sono scagliate, in primo luogo, contro i tempi: due mesi potrebbero non
essere sufficienti, soprattutto perché la procedura è parecchio articolata. «Come abbiamo avuto modo di
verificare in occasione del precedente bando per collaboratore restauratore, lo scorso settembre – spiegano
in una nota congiunta -, la procedura da seguire per inserire la documentazione dell’esperienza formativa e
lavorativa non sempre è stata fluida e spesso si è dimostrata troppo rigida rispetto ai documenti da allegare,
rendendo a volte impossibile completare l’immissione dei dati». Insomma, tira già aria di proroga.
A ben vedere, tutto ruota attorno alla questione della documentazione allegata alle domande. Per identificare
i lavori di restauro, l’utilizzo dei certificati di buon esito e di collaudo si è stabilizzato alla fine degli anni ’90; per
i lavori precedenti servirà tempo, perché andrà verificata nel merito la correttezza dei documenti. Una
procedura che potrebbe comportare un notevole rallentamento.
Ma non è tutto. «L’elemento che più ci preoccupa – sottolineano Feneal, Filca e Fillea – è la valutazione che
verrà fatta dei documenti di lavoro, che non sempre restituiscono una posizione chiara del lavoratore, in
termini di inquadramento e tipo di contratto applicato, quello cioè che dovrebbe dare le informazioni utili come
requisito per la qualificazione. Su questo tema registriamo una difficoltà a confrontarci con il ministero». La
questione riguarda professionisti che hanno svolto mansioni per le quali non sarebbero stati contrattualmente
competenti.
A detta dei sindacati, «l’anarchia contrattuale del settore ha comportato lo sfruttamento dei professionisti
impiegati, che rischiano di essere penalizzati due volte». I compiti dei restauratori andranno considerati a
prescindere da chi abbia svolto il ruolo di direttore tecnico o di progetto o, ancora, dall’aggiudicatario
dell’appalto. Andrà, invece, valutata la capacità professionale direttamente espressa dall’operatore e la sua
effettiva responsabilità, collegandola alle altre opere svolte nel corso della sua carriera. Per fare questo, però,
ancora una volta servirà molto tempo. Probabilmente più dei due mesi preventivati dal ministero.

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