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L’allarme dei sindacati: rischio mafia sugli appalti

3 novembre 2016 • News Territoriali

Dal Messaggero Veneto

L’allarme dei sindacati: rischio mafia sugli appalti

Dalla Friulana Bitumi alla Stratex, da Tomat a Vidoni i fallimenti eccellenti in pochi anni
Franzolini (Uil): in Friuli persa la struttura d’impresa, così nasceranno scatole vuote
di Michela Zanutto

«Come può lo Stato mettere in difficoltà imprese che vantano crediti nei suoi confronti e fare proliferare scatole vuote?». La domanda è del segretario generale della Feneal Uil, Mauro Franzolini, ma dopo il fallimento della Vidoni rimbalza un po’ ovunque nel mondo dell’edilizia. Perché «ora il rischio che la mafia metta le mani sui nostri appalti esiste», sentenzia Franzolini. La crisi dell’edilizia si affaccia sul nostro territorio nel 2011, con la Clocchiatti spa. Le difficoltà economiche avevano costretto l’azienda a fine giugno a portare i libri contabili in tribunale e a mandare in cassa integrazione straordinaria i 77 dipendenti. Nonostante il parere negativo della Procura, il tribunale ha dato il via libera al concordato preventivo perché a fronte di una situazione debitoria che ammontava a 11 milioni, I’azienda, poteva contare su un patrimonio immobiliare di 16 milioni. Fortunatamente il tribunale ha saputo dare il giusto peso a una decina di decreti ingiuntivi — per un valore complessivo di oltre 2 milioni e mezzo — arrivati in concomitanza con il periodo di difficoltà e in buona parte relativi a somme pretese dalle banche. Perché questo ha dato modo da un lato a Clocchiatti di rimettersi in sesto e dall’altro di citare per anatocismo (tecnicamente gli interessi bancari sugli interessi) i medesimi istituti di credito. E vincere. Nel 2012 arriva la crisi della De Sabbata costruzioni di Majano. Anche in questo caso il concordato preventivo ottiene l’omoloIL COMPAR RESIDENZIALT OE È il segmento dove i lavori mancano di più, mentre le zone montane, e la Carnia in particolare, sono le aree di maggiore sofferenza ga del tribunale. «Comincia tutto con loro — ricorda Franzolini —, chi ha saputo gestire la fase iniziale della crisi è uscito con le ossa un po’ meno rotte degli altri». Perché i fallimenti arrivano poi. Nel 2013 è la volta della Friulana Bitumi, nel 2016 la Tomat, soltanto per citame due. Dopo 50 anni di onorato servizio la Friulana Bitumi di Martignacco si affaccia al tribunale di Udine nel 2012. Ma l’esito della richiesta di concordato è diversa da quanto si sperava. Il fallimento per mancanza dei presupposti di legge arriva l’anno successivo: la Friulana Bitumi aveva accordato il pagamento degli stipendi in fase di concordato. La norma prevede invece che l’impresa non effettui, dopo la richiesta di ammissione a concordato, alcun pagamento riguardante il pregresso per tutelare la par conditio dei creditori. Fra loro ovviamente c’erano anche i dipendenti che sono creditori privilegiati. Le difficoltà non risparmiano nessuno. Edilcoop di Gemona (90 dipendenti), Bidoli di Prato Camico (29), Ideaedile di Ven-zone (30), Spay di Martignacco (70), Stratex di Sutrio (80), D’Andrea Costruzioni di Rigolato, Due Emme Asfalti di Mortegliano (16), Sostero di Lignano (30), la Friulana Bitumi di Martignac-co appunto (80) e De Sabbata di Majano (25). Uno stillicidio continuo. Fino alla Tomat. Fallimento, in questo caso, dopo 60 anni di attività. «Ormai l’ediliza ha assunto dimensioni quasi risibili per la provincia di Udine e per il territorio regionale nel suo insieme — osserva Franzolini —. Abbiamo circa 7 mila edili iscritti nelle casse edili della regione. Ai tempi d’oro, cioè nel 2008, erano 15 mila. E quello che è forse peggio, è che buona parte di questi lavoratori che hanno perso l’occupazione non l’hanno ritrovata nel settore di competenza, con un’incredibile perdita di professionalità». Negli ultimi quattro-cinque anni «abbiamo assistito a un impoverimento delle aree montane pazzesco — continua il segretario generale della Feneal Uil —. In particolare la Carnia ha sofferto e sta soffrendo moltissimo perché in quell’area l’edilizia era uno dei settori trainanti. Segagione del bosco ed edilizia erano i settori preminenti e sono praticamente crollati come settori di riferimento». Franzolini non vede grosse speranze all’orizzonte. «Temo non ci siano neanche molti presupporti di ripresa. Al di là delle grandi opere, come la terza corsia, dove a breve ci incontreremo con Autovie Venete e il commissario per un protocollo sulla manodopera, il vero problema e che manca l’edilizia residenziale. Le opere di piccole e medie dimensioni — rileva Franzolini —, erano quelle uno dei settori trainanti dell’economia regionale. Ma proprio quello è un settore destinato a soffrire ancora a lungo». Davanti poi al crollo di un’azienda strutturata come era la Vidoni, Franzolini allarga le braccia: «E incredibile che un’azienda possa fallire con crediti di un certo importo nei confronti dell’amministrazione pubblica. Al di là degli errori, è pazzesco che lo stato non onori i suoi debiti. Un dato che credo sia solamente italiano». In questa situazione dunque «il rischio mafia esiste — chiude Franzolini —. Perché se perdi la struttura di impresa, il rischio è che arrivino le scatole vuote».

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