13 novembre 2013 • News
Si è tenuta a Bologna lo scorso 11 novembre la riunione con i Direttori delle Casse Edili.
Di seguito pubblichiamo la relazione del Segretario Nazionale Emilio Correale che è intervenuto in qualità di Vice Presidente Cnce:
Buongiorno, sono Emilio Correale, Vicepresidente della Commissione Nazionale delle Casse Edili.
Do il benvenuto a tutti a questa riunione nazionale dei Direttori delle Casse Edili, anche a nome del Presidente Giorgio Forlani, che, purtroppo, per uno spiacevole incidente al piede, è momentaneamente immobilizzato.
Bologna ci accoglie, e noi ne siamo lieti e riconoscenti, non solo per la sua tradizionale ospitalità, ma perché è il capoluogo di una Regione dove, come verificheremo durante questo nostro convegno, si è resa particolarmente attiva la tendenza ad innovare.
L’Emilia e Romagna, infatti, è la regione dove sono in atto procedure di dematerializzazione burocratica, che possono essere di riferimento generale e che hanno trovato un opportuno campo di sperimentazione nelle attività programmate con l’intervento straordinario a seguito del terremoto, ma è anche la Regione dove, però, esiste il sistema più complesso delle Casse Edili, con ben sedici Casse edili operanti in ambito regionale.
Anche per questo motivo quest’anno la CNCE ha voluto organizzare questo ormai tradizionale incontro con i direttori delle Casse Edili, non soltanto per illustrare gli importantissimi argomenti che intendiamo mettere in discussione, com’è giusto che sia, confermando così il carattere tecnico e operativo che sempre vogliamo garantire a questo tipo di riunione, ma abbiamo creduto giusto, se non indispensabile, soffermarci anche sul particolare momento di sofferenza che sta vivendo il nostro sistema bilaterale, mettendo a fuoco specificatamente le difficoltà che registriamo nella gestione delle Casse edili.
Per questo motivo, come è naturale, per ruolo e funzione, mi sono ritagliato un intervento di tipo politico, che spero possa essere utile ad inquadrare lo scenario di riferimento, fornendo per esso alcune opportune informazioni, e lascio giustamente a Mauro Miracapillo, il nostro direttore della CNCE, il compito di illustrare alcune importanti novità che attengono più specificatamente i vostri compiti di direzione delle Casse Edili, a cominciare da quelle che riguardano il rilascio del Durc così come contemplate nell’ormai famoso “Decreto del Fare”.
Per l’attuale squilibrio diffuso del consolidato assetto delle Casse Edili, va riconosciuta senza alcun dubbio, quale causa principale, l’attuale gravissima crisi del settore delle costruzioni, forse la più grave dalla costituzione della repubblica.
I numeri che riguardano il nostro settore sono spaventosi: solo a considerare la diminuzione degli operai e delle imprese iscritte, si è prodotto un abbassamento delle ore lavorate e della massa salari da cui ne è conseguita una analoga diminuzione di oltre il 40% del gettito finanziario relativo alla contribuzione complessiva destinata alle Casse Edili: quasi un dimezzamento.
Ciò spiega più di ogni altro elemento la natura profonda del nostro sistema bilaterale.
C’è da dire, però, che le conseguenze di questa crisi, se, da un lato, hanno fortunatamente evidenziato quelle strutture che hanno operato talmente virtuosamente e con lungimiranza, dosando bene risorse, assetto e professionalità utilizzate, al punto di essere riuscite ad attenuarne gli effetti, dall’altro lato, hanno portato allo scoperto, in modo pressoché generalizzato, una quantità enorme di difetti mai superati, solo perché essi sono stati prodotti prima che si diffondesse, per volontà delle Parti Sociali, una politica di sistema e di messa in rete, così come poi è stata condivisa, regolamentata e attuata dalla CNCE.
Si dice spesso che dalle crisi scaturiscono sempre delle opportunità e non a caso tutte le Parti Sociali rappresentative del mondo dell’edilizia, in questa fase di rinnovo dei Contratti nazionali, stanno affrontando, pur se in modo sofferto e tra non poche contraddizioni, il nodo ineludibile di una corretta riforma del nostro sistema bilaterale, su cui, comunque, è necessario procedere con decisioni adeguate e di lunga prospettiva, prima che essa imploda al suo interno in modo rovinoso e certamente non più recuperabile.
Oggi, infatti, risulta inderogabile la necessità di ripensare il nostro settore, in modo integrato ed ispirato ad una visione di insieme.
Bisogna soprattutto valutare e rimuovere tutti i vincoli ostativi che lo stanno appesantendo e rendendo poco appetibile, ma si devono soprattutto trovare stimoli per rinnovarlo ed individuare nuovi percorsi per il suo sviluppo.
Questa ambizione, che si scontra con il minimalismo di chi si sta arrendendo alla crisi, senza guardare avanti, spiega in modo molto lampante la complessità di queste trattative contrattuali.
È chiaro che solo con il lavoro, che aumenta in qualità ed in quantità, insieme ad una più adeguata programmazione dello sviluppo e ad una più virtuosa azione governativa, il nostro Paese può uscire dalla crisi.
È anche vero, però, che la stessa categoria deve rendersi più attiva per affrontare la crisi, anche cogliendo delle opportunità non trascurabili, per avviare un concreto processo di risanamento del settore, possibile solo se saranno rimossi quei freni che ne rallentano lo sviluppo.
La categoria soffre oggi ancora di questi problemi esterni che ingigantiscono ed aggravano in modo smisurato la mancanza di programmazione e l’assenza di investimenti produttivi, utili per il rilancio del settore:
– È una categoria dotata di una corposa regolamentazione intrinseca, riferita, però, pressoché esclusivamente, alle imprese strutturate. Quelle, cioè, che stanno regolarmente sul mercato, considerando il durc, l’asseverazione, la congruità, tutto ciò di cui si occupa il sistema delle Casse Edili. Non è ancora capace, però, per colpevole carenza normativa, ma anche per mancanza di sufficienti controlli, di tenere sbarrato l’accesso a tutte le forme di imprese irregolari, o anche marginali, che operano in spregio delle suddette regole e che spesso sono dedite a tutte le forme di lavoro anomalo, a cominciare dal lavoro nero.
– È una categoria che, per di più, rimane vittima perenne della burocrazia e spesso della colpevole insipienza dei soggetti della Pubblica Amministrazione che sovraintendono alla regolarità degli appalti. In un Paese come il nostro, che dovrebbe dirsi avanzato, bisognerebbe finalmente dare certezza assoluta circa la quantificazione precisa ed oggettiva del costo delle lavorazioni, che devono essere realizzate in qualità e sicurezza, e devono riscuotere il rispettivo pagamento con certezza e nei tempi dovuti. Dobbiamo chiederci, in fondo, quanto danno ha subito la famosa creatività italiana, che si è espressa in tutti i campi, ma che è perennemente imbrigliata nella lentezza della Pubblica Amministrazione e quanto sarebbe diversa la nostra categoria se, come avviene negli altri paesi, non avesse subito il puntuale ricatto della burocrazia e soprattutto di chi se ne è fatto scudo per ricavarne un proprio indecente vantaggio.
A questi problemi che condizionano il nostro settore e la nostra bilateralità e che abbiamo definito esterni, bisogna aggiungere i problemi interni, più specificatamente connaturati nella sostanziale strutturazione della categoria.
Di rilievo vanno citati questi fattori che stanno incidendo non poco sul suo stato di salute:
1. la sostanziale difficoltà ad essere pienamente e totalmente rappresentanti di tutti i soggetti che compongono il nostro mondo e la nostra categoria: in quanto, si sa, la rappresentanza si misura sempre con la capacità di essere risolutivi e vincenti rispetto ai problemi della categoria;
2.la conseguente accesa conflittualità e l’esasperato tatticismo presenti nel mondo associativo delle imprese del tutto anacronistica in virtù della necessità di superare insieme la crisi ( qui per questa annotazione mi perdonerete di avere evidenziato un mio punto di vista che riconosco del tutto partigiano);
3. il relativo “campanilismo” dei livelli provinciali, di cui, va detto, nessuno è immune da responsabilità, nemmeno il Sindacato, che ha condizionato la possibilità di mettere in rete il nostro sistema bilaterale delle costruzioni. Sarebbe, invece, utile adoperarsi, con scelte condivise ed economicamente valide sul piano della strumentazione, uniformare e rendere compatibili i vari sistemi informatici, operativi su tutto il territorio nazionale, in modo da realizzare la generale adesione di tutti gli Enti territoriali e la loro totale messa in rete, senza eccezioni, mettendoli in grado di gestire la trasmissione in tempo reale di tutti i dati del settore, senza costi aggiuntivi che attualmente sono ripartiti spropositatamente per ciascuna realtà territoriale. A questo proposito sarebbe auspicabile ed utile una generale adesione di tutte le Casse Edili alla trasmissione alla Commissione nazionale della “denuncia unica mensile” che potremmo chiamare in sigla DUM uniformata nella modulistica e con lo stesso contenuto dei dati da trasmettere;
4. la gestione degli Enti Paritetici, realizzata negli anni passati, in modo spesso sregolato, ognuno per sé nella propria realtà, senza badare al preciso dimensionamento degli Enti stessi, in misura sostenibile con le proprie risorse, con il grave rischio, oggi molto diffuso, di provocare una situazione di dissesto finanziario quale prodotto dalla mancata valutazione dei costi e senza mai preoccuparsi della corretta corrispondenza delle professionalità da impegnare, nel giusto numero, alle esigenze degli Enti stessi, soprattutto nei periodi di crisi.
Lo scenario che ci si sta ponendo davanti per questo rinnovo contrattuale è costituito, quindi, da questi fattori negativi che non sono soltanto riconducibili alla crisi, ma che agiscono in accompagnamento ad essa, e che aggravano la sua presa devastante sul settore.
Dobbiamo essere coscienti che il loro superamento avverrà solo attraverso un profondo ripensamento dell’attuale sistema normativo che regola gli appalti e la natura industriale dei soggetti che vi concorrono, nel modo che, insieme, abbiamo suggerito nei mesi passati durante la discussione al Ministero del Lavoro sulla “Patente a punti”, discussione che pare tende ad essere ripresa con maggiore convinzione.
Per quanto riguarda il nostro settore, in considerazione della fuga che sta avvenendo dalla nostra categoria, con la conseguente diminuzione della consistenza finanziaria delle casse edili, esso ha urgente bisogno che siano fermate e regolamentate dalla contrattazione edile, tutte le lavorazioni che si realizzano nel cantiere.
I dati di cui disponiamo ci illustrano l’abbassamento drammatico degli addetti in Cassa Edile e del numero delle imprese, molte delle quali, pur strutturate e storicamente importanti, sono inesorabilmente scomparse dal mercato avendo cessato definitivamente la loro attività.
Tali dati, però, non riescono a nascondere un altro dato che si sta rendendo evidente, che è dato dalla presenza contemporanea nel cantiere di tante lavorazioni, che vengono svolte da lavoratori autonomi ed imprese subappaltatrici, formalmente non appartenenti alla nostra categoria, ma che, in virtù del loro minor costo del lavoro, acquisiscono quote importanti di lavoro che, invece, risulta essere tipicamente edile.
La nostra categoria ha sempre dimostrato un profondo rispetto per le politiche confederali, sia per quelle relative al mondo associativo delle imprese, sia per quelle sindacali.
Ciò perché il nostro settore risulta essere, comunque, il legittimo protagonista dell’avvio dello sviluppo, anche quando non ha riscontrato spesso per questo ruolo un’adeguata considerazione.
Oggi dobbiamo più che mai difendere la” logica del cantiere” se non vogliamo che sia snaturato il lavoro edile e con esso la stessa connotazione della nostra categoria, con la sua organizzazione, con le sue regole e con i suoi strumenti a cominciare dalla bilateralità e dal suo sistema degli Enti Paritetici.
E questo è un ulteriore forte motivo in più di valutazione che sta animando la discussione al tavolo contrattuale circa la necessità inderogabile di riformare radicalmente la nostra bilateralità.
Tale discussione ha riscontrato momenti accesi di confronto e, come è anche facile pensare, anche all’interno degli stessi schieramenti si sono evidenziati elementi di diversa sensibilità e di non coincidente articolazione.
Non è stata ancora conseguita un’intesa, anche se, rispetto all’avvio delle trattative, si stanno evidenziando significative convergenze che preludono ad un possibile accordo.
Allo stato attuale sono prevalenti questi elementi di riforma della bilateralità:
gli Enti bilaterali devono corrispondere a criteri di efficienza, facendo corrispondere la propria strutturazione alla relativa capacità finanziaria che riesce a produrre;
in questo senso è indispensabile procedere alla semplificazione del sistema avviando un processo non solo di accorpamento delle scuole edili e dei CPT a livello territoriale, ma attivando anche un percorso, riferito alle casse edili, di accorpamento interprovinciale oppure, dove è possibile, come nelle regioni con poche province, o anche dove c’è volontà, così come recentemente è accaduto positivamente nel Veneto, di indirizzarsi nei tempi dovuti verso una diretta regionalizzazione del sistema Cassa;
intanto, a livello nazionale le tre Commissioni di coordinamento: CNCE, CNCPT e Formedil, avranno un’unica strutturazione organizzativa ed un unico finanziamento nazionale, fondendosi in quello che ancora provvisoriamente stiamo chiamando SBC, sistema bilaterale delle costruzioni;
il costituendo SBC conterrà al suo interno l’articolazione funzionale riconducibile agli attuali tre Enti nazionali, che anche in questa nuova dimensione strutturale manterranno compiti di orientamento e di coordinamento delle funzioni tradizionali, aggiungendo a tali compiti quelli ulteriori che deriveranno dalla crescente esigenza di una polarizzazione nazionale dei dati del nostro settore;
nell’avanzamento della trattativa si è, intanto, raggiunta un’intesa sulla controversa questione del premio APE. Tale intesa prevede la costituzione di una Commissione paritetica che entro il prossimo 31 gennaio 2014 dovrà approntare un progetto per riformulare una nuova prestazione APE, che entrerà in vigore a partire dal 1° ottobre del 2014. Fino ad allora, e quindi per le erogazioni del 2014 e del 2015, si manterranno le caratteristiche attualmente in vigore, su cui la citata commissione dovrà verificare le situazioni di difficoltà territoriale ed individuare le opportune soluzioni.
Si comprende bene, quindi, che nelle trattative sta prevalendo la consapevolezza di dare risposte adeguate, ed ambiziosamente epocali, al processo di trasformazione del nostro settore, che, come dicevamo, è già autonomamente in movimento per effetto delle conseguenze della crisi, e che non possiamo lasciarlo andare da sé su percorsi che risulterebbero non controllati e devastanti il nostro impianto della bilateralità.
Si sta ragionando adesso su “chi e come” ha il compito, sul piano politico, d attuare e gestire questo processo di semplificazione in ambito regionale della bilateralità ed il suo efficientamento in termini di razionalizzazione dei costi sostenibili.
Intanto, riteniamo indispensabile rafforzare il ruolo politico del Comitato nazionale della bilateralità che dovrebbe, perciò, caricarsi di nuove funzioni condivise ed istituzionalizzare i suoi compiti e regolamentare la sua convocazione.
A tale Comitato nazionale della bilateralità deve corrispondere un analogo “tavolo di governo politico della bilateralità”, costituito dalle parti sociali a livello regionale che, senza mai sovrapporsi o condizionare le autonomie dei singoli territori, ma di concerto con essi, avrà il compito di organizzare e coordinare i processi di semplificazione ed efficientamento del sistema bilaterale, coerentemente con gli orientamenti nazionali.
Questo specifico ruolo delle parti sociali regionali circa l’efficientamento e la semplificazione della bilateralità, è ulteriormente motivato dalla necessità di gestire le risultanze a cominciare dalla necessità di definire i nuovi ambiti della contrattazione di 2° livello che ne deriveranno.
Alla luce di questi obiettivi vitali per la gestione degli Enti paritetici, sarà fondamentale operare le giuste scelte, che vanno meditate con oculatezza e lungimiranza, richiedendo per esse la compartecipazione di tutti i soggetti che svolgono un ruolo importante, non solo di tipo politico o amministrativo, ma anche di tipo operativo e tecnico:
Ciò comporterà in primo luogo procedere ad un attento monitoraggio delle condizioni dei singoli enti facendo particolare riferimento alla valutazione del numero degli addetti iscritti in Cassa Edile; alla quantificazione della massa salari basso; all’incidenza dei costi di gestione, per valutare se sono sostenibili; alla dotazione o meno di riserve finanziarie; all’analisi degli eventuali ultimi due bilanci negativi.
Dopo di che si deve passare alla fase valutativa dei parametri utili a determinare quali devono essere gli enti che devono accorparsi e quali, invece, no, in considerazione delle loro dimensioni e della loro conseguente maggiore complessità di gestione;
In sostanza questo processo, non può partire senza tenere conto dei tempi necessari perché esso maturi nella volontà e nella consapevolezza delle parti sociali e senza che si riconosca prima, e si vada poi, di conseguenza a regolamentare la particolarità di determinati ambiti territoriali.
L’unica preoccupazione che bisogna avere, a tale riguardo, è quella di guidare questi processi con una corretta visione di insieme e con il coinvolgimento di tutti i livelli interessati, senza compiere fughe in avanti e senza trascurare la necessità di una precisa corrispondenza tra la decisione di semplificare con l’opportunità di doverlo fare.
L’urgenza non deve partorire mostruosità, ma bisogna riuscire a riportare questi processi, invece, nell’alveo della progettazione generale della riforma della bilateralità.
Bisogna discutere bene, riflettere con oggettività ed infine bisogna saper decidere, e, quindi anche un’occasione come questa non va dispersa, ma va opportunamente utilizzata.
A tutti un augurio di buon lavoro.
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