Codice Appalti
Appalti/2. Le richieste di associazioni, sindacati e imprese: entra nel vivo
la redazione dei pareri sul Codice
di Giuseppe Latour
Ieri la prima discussione di merito sul testo. E domani ci sarà l’audizione congiunta del presidente Anac,
Raffaele Cantone. L’Ance chiede ulteriori ritocchi sul tema della qualificazione. Gli architetti puntano a
qualche aggiustamento sui concorsi. I sindacati a correzioni sul subappalto e sull’in house delle concessionarie.
Poi, ci sono gli impiantisti, che vorrebbero salvaguardare la specificità delle loro lavorazioni. L’Anci, che punta
a qualche ammorbidimento sulla questione delle aggregazioni. Gli ingegneri, che vogliono la cancellazione delle
cauzioni per le partite Iva. E le società di ingegneria: per loro è fondamentale migliorare il capitolo dedicato
alle gare di progettazione affidate con trattativa privata. Senza contare altre questioni, legate alle
competenze dell’Anac, all’appalto integrato, al massimo ribasso e al partenariato pubblico privato.
Il lavoro delle commissioni parlamentari per la redazione dei pareri sul Codice appalti entra nel vivo questa
settimana. Ieri il provvedimento è stato incardinato formalmente, con la prima discussione di merito. E
domani ci sarà l’audizione congiunta del presidente Anac, Raffaele Cantone. Per arrivare alla scrittura
materiale del parere, però, bisognerà aspettare ancora qualche giorno. Intanto, cominciano ad arrivare a
Camera e Senato i documenti di approfondimento delle associazioni. La lista delle richieste è lunghissima:
mettendole tutte in fila, è possibile capire quali saranno i passaggi all’esame dei due relatori, Stefano
Esposito e Raffaella Mariani.
Subappalto
Si tratta di un capitolo sul quale il parere interverrà di sicuro. Il Codice, a sorpresa, taglia i tetti massimi per
il ricorso a questo strumento. Restano salve, dopo una lunga trattativa, solo le opere superspecialistiche ad
alto contenuto tecnologico: per loro (ma solo per loro) il 30% è ancora in vita. Questo assetto è stato
duramente criticato dai sindacati di settore (Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil) che, in una nota congiunta,
hanno spiegato come “la conseguenza del provvedimento sarebbe una ulteriore frammentazione delle
imprese edili, e a farne le spese sarebbero i lavoratori, sempre più precarizzati e a maggiore rischio di
infortunio. Inoltre, dare all’impresa generale totale libertà di subappalto si tradurrebbe nella concreta possibilità
di non ricorrere solo alle aziende specializzate del settore edile, come invece è auspicabile”. Considerazioni da
non sottovalutare, perché i limiti al subappalto nascono anche in chiave antimafia e di tutela della legalità
nelle costruzioni. C’è, poi, da mettere a verbale un secondo aspetto, più legato alla questione normativa. La
legge delega, letta con attenzione, non nomina in nessun passaggio la ristrutturazione dei tetti al
subappalto. Come fatto trasparire anche dal relatore al Senato, Stefano Esposito, allora, questo passaggio
del Codice potrebbe essere fuori delega.
In house
Oltre al subappalto, è l’altro pezzo della riforma finito nel mirino dei sindacati. Stavolta, però, Feneal Uil,
Filca Cisl e Fillea Cgil hanno trovato meno sponde nel relatore al Senato, Stefano Esposito. La questione
riguarda l’innalzamento dal 60 all’80% del tetto massimo di lavori da mandare in gara nel quadro dell’in
house delle concessionarie autostradali. I sindacati avrebbero voluto prima un ritorno alle vecchie soglie e,
poi, uno scorporo delle manutenzioni. Entrambe le soluzioni, però, sono difficilmente percorribili, come ha
ribadito anche il ministero delle Infrastrutture: la legge delega ha messo dei paletti molto rigidi sul tema.
Una soluzione potrebbe arrivare tramite una mediazione esterna al Codice. Il Governo si è, infatti, detto
disponibile a ragionare sulla previsione di clausole sociali che salvaguardino l’occupazione nelle società in
house e sulla partecipazione delle società delle concessionarie ai bandi. La decisione su questo, però, sarà
presa solo dopo un nuovo incontro tra sindacati e ministero, il prossimo 22 marzo.
Qualificazione
E’ un passaggio che, in fase di approvazione del Consiglio dei ministri, è stato oggetto di parecchie
correzioni. Al di là della questione Soa, però, c’è ancora in ballo il problema dei requisiti di ordine generale
per l’accesso alle gare. Il nuovo sistema prevede che una lunga serie di comportamenti non virtuosi possa
essere punita con l’esclusione da parte di qualsiasi stazione appaltante: contenziosi precedenti, conflitti di
interesse, comportamenti anticoncorrenziali. La definizione attuale del Codice, però, secondo l’Ance è un
po’ generica. Così, qualche ritocco ulteriore, tra i pareri e il Consiglio dei ministri, potrebbe arrivare.
Impiantisti
Per salvaguardare la specificità degli impianti e delle opere speciali, secondo il presidente di Cna impianti
Carmine Battipaglia, dovrebbero arrivare tre interventi: “La verifica, in sede di gara, dei requisiti di
qualificazione degli appaltatori e dei subappaltatori, la definizione dell’obbligo, in mancanza dei requisiti di
qualificazione, di ricorrere non già al subappalto, ma in sede di gara ai raggruppamenti temporanei di
imprese aventi i necessari requisiti e soprattutto il non consentire l’utilizzo dei lavori dati in subappalto ai fini
della qualificazione SOA. È poi necessario – conclude Battipaglia – uno stretto e continuo dialogo con le
stazioni appaltanti per indurle a preferire l’assegnazione per lotti funzionali al ricorso al subappalto”.
Aggregazioni delle stazioni appaltanti
L’Anci ha denunciato le “possibili criticità che potrebbero emergere soprattutto dalla definizione dei soggetti
aggregatori”. Un modo edulcorato per attaccare quei passaggi del Codice dedicati alla concentrazione delle
stazioni appaltanti. Il Codice, per contrastare la polverizzazione che attualmente caratterizza i centri di
costo della pubblica amministrazione, prende alcune contromisure. La prima è la certificazione delle
stazioni appaltanti.
La seconda è la forte spinta sulle centrali di committenza: assumeranno più poteri e soppianteranno,
praticamente da subito, le amministrazioni più piccole. Da parte dei Comuni, allora, sta prendendo corpo
una spinta molto forte per ridimensionare il colpo in arrivo: al momento, infatti, questi avranno mani libere
solo per i lavori sotto i 150mila euro e per i servizi sotto i 40mila. Nei pareri, allora, potrebbero entrare
limature anche su questo punto.
Concorsi
Ancora, c’è il tema dei concorsi, uno dei punti più cari negli ultimi anni al Consiglio nazionale degli architetti
del presidente Leopoldo Freyrie. Ne parla il vicepresidente del Cna, Rino La Mendola:”Non c’è nulla di
nuovo sul concorso, anzi abbiamo fatto qualche passo indietro. Anche per le opere di particolare interesse
architettonico viene previsto che prima si verifichi la possibilità di usare progettisti interni, ipotesi che oggi
non esiste. Sui concorsi si continua a fare solo propaganda”. Gli interventi del nuovo Codice, in sostanza,
avrebbero la colpa di essere poco innovativi rispetto alle premesse poste dalle direttive.
Cauzione e requisiti dei professionisti
Le rimostranze del Consiglio nazionale degli ingegneri si sono concentrate sulla cauzione. L’articolo 93 del
testo detta le regole sulle garanzie per la partecipazione alle procedure di gara. E, tra queste, include
anche la cauzione, la garanzia provvisoria pari al 2% del prezzo del bando. “Nel vecchio Codice i servizi di
progettazione venivano esclusi dall’obbligo di versare la cauzione, nel nuovo questo non succede. Si tratta
di una mancanza che per noi è molto grave”, spiega il consigliere tesoriere del Cni, Michele Lapenna.
Dubbi condivisi dal direttore generale dell’Oice, Andrea Mascolini: “È assodato che possa essere richiesta
solo una polizza per coprire gli errori tecnici di progettazione. La reintroduzione della cauzione rischia di
essere un duro colpo, non tanto per le società quanto per i soggetti più piccoli”. La norma, infatti, fa il paio
con altri passaggi del testo che lasciano molti dubbi tra le partite Iva. Non è stato affrontato, tanto per
cominciare, il problema dei requisiti per l’accesso alle gare di progettazione: il dubbio è che anche il nuovo
sistema riproponga un assetto nel quale i piccoli professionisti hanno difficoltà ad accedere ai bandi.
A questo si accompagna la questione del decreto parametri. L’articolo 24 comma 8, infatti, affronta il tema e
ricopia alla lettera la definizione del vecchio Codice: il ministro della Giustizia approva “le tabelle dei
corrispettivi per le attività di progettazione», sulla base del principio che «possono essere utilizzati dalle
stazioni appaltanti, ove motivatamente ritenuti adeguati, quale criterio o base di riferimento ai fini
dell’individuazione dell’importo da porre a base dell’affidamento”. Quindi, si lascia una semplice facoltà.
“Avremmo voluto un obbligo, in linea con quello che ha già detto l’Anac in materia”, dice ancora Lapenna.
Concorrenza e professionisti
Altro passaggio criticatissimo, soprattutto dall’Oice: l’innalzamento a 209mila euro della soglia per le
trattative private nei servizi, con invito a tre soggetti e non a cinque. Gli operatori andranno individuati sulla
base di indagini di mercato o tramite elenchi, “nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti”. Attualmente
questa soglia è a 100mila euro ed è prevista la consultazione di almeno cinque operatori economici.
Tradotto in numeri, significa che l’85% in numero e il 45% in valore del mercato attuale degli affidamenti di
progettazioni sarà sottratto a una vera concorrenza. Con l’effetto incentivo che questa misura porta, poi, è
facile presumere che si possa andare anche oltre, attraverso i frazionamenti: il 90% dei bandi sarebbe
affidato senza vere gare.
Appalto integrato
Altro punto al centro della discussione. Qui la delega imponeva, oltre che di vietare l’appalto sul
preliminare, di limitare “radicalmente il ricorso all’appalto integrato, tenendo conto in particolare del
contenuto innovativo o tecnologico delle opere oggetto dell’appalto o della concessione in rapporto al
valore complessivo dei lavori e prevedendo di norma la messa a gara del progetto esecutivo”.
In questo caso, il problema è che non vengono esplicitamente riprodotte le previsioni della delega, con il
riferimento ai contenuti tecnologici delle opere, ma all’articolo 23 si dice che “ove non diversamente previsto
dal presente codice, gli appalti relativi ai lavori sono affidati ponendo a base di gara il progetto esecutivo”.
Posta l’impossibilità di fare affidamenti sul progetto di fattibilità, per adesso il Codice prevede un numero
limitato di eccezioni, ad esempio sul contraente generale e sul project financing a doppia fase. In questo
caso, il problema è che andavano meglio regolati a monte i casi di appalto integrato, che in alcune ipotesi è
utile. Lasciando una clausola generale aperta a possibili eccezioni, il rischio è che questo assetto si presti,
in futuro, a un allargamento delle maglie.
Autorità anticorruzione
Anche sull’Anac potrebbe arrivare qualche ritocco. Sotto l’ombrello dell’Anticorruzione, infatti, finiscono tutte
le banche dati governative: un salto in avanti che potrebbe richiedere qualche limitazione. Inoltre, sui
finanziamenti dell’Authority e sulla destinazione di bilancio delle nuove sanzioni potrebbe esserci qualche
ulteriore colpo di scena, dopo le polemiche delle ultime settimane.
Pagamento diretto
La formulazione finale del testo lascia qualche dubbio. Salta la possibilità, rispetto alle prime bozze, di
chiedere il corrispettivo e ottenere in automatico una tutela. Il pagamento diretto ci sarà “in caso di
inadempimento da parte dell’appaltatore” o “su richiesta del subappaltatore”, ma solo se “la natura del
contratto lo consente”. Quindi, rispetto alla situazione nella quale il pagamento scattava sempre, siamo
passati a un regime nel quale è necessario verificare se l’assetto del contratto consente di procedere. Non
è la sola novità del testo bollinato.
L’altro caso in cui può scattare la tutela è quello in cui il subappaltatore o il cottimista siano una micro o
piccola impresa. E qui arriva un problema interpretativo sostanziale. Perché i prestatori di servizi e fornitori
di beni e lavori vengono citati nelle premesse del comma 13 dell’articolo 105 tra i soggetti che possono
ricevere il pagamento diretto. Ma, poi, quando vengono elencati i casi concreti nei quali si versa il
corrispettivo senza passare dall’appaltatore, non ritroviamo né i primi né i secondi. Una formulazione
piuttosto ambigua che lascia molti dubbi e che, quindi, andrebbe limata secondo diverse associazioni.
Partenariato pubblico privato
Altra richiesta dell’Ance. Qui è stata tolta la possibilità per un privato di presentare all’amministrazione una
proposta per farla inserire nella programmazione, godendo poi di un diritto di prelazione. In un momento in
cui ci sono poche risorse pubbliche per progettare e programmare, secondo i costruttori, bisogna contare
sulla capacità propositiva dei privati, premiando in qualche modo il loro impegno.
Massimo ribasso
Una richiesta che arriva da Finco. L’associazione delle imprese specialistiche denuncia “la mancata
indicazione di precise soglie di importo entro le quali si deve usare esclusivamente il criterio del massimo
ribasso (ovviamente temperato dall’esclusione delle offerte anomale) come opportunamente previsto dalla
lettera ff) della delega”.
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