Correttivo al Codice Appalti
Modifiche al Codice degli appalti: l’ennesima beffa
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Mentre in Italia si continua a morire di lavoro ogni giorno, dopo le norme riguardanti la sicurezza sul e la patente a crediti, si sprecano le occasioni per fare delle leggi giuste e correggere storture e anomalie tipiche di un settore complesso ed esposto come le costruzioni.
Con il nuovo correttivo, il Codice degli appalti cambia in peggio e non si smette di ritoccare un insieme di norme che forse era meglio lasciare com’era. Perché, se le nuove disposizioni saranno confermate, si darà vita ad un vero marasma, in cui finiranno per essere favorite imprese poco strutturate e senza alcuna cultura di impresa e del lavoro. Le conseguenze non potranno che ripercuotersi sui lavoratori.
Il nostro, come è risaputo, è un settore altamente rischioso e soggetto a infiltrazioni criminali. Le regole sugli appalti sicuramente perfettibili, finora, creavano un certo perimetro contrattuale in cui muoversi, capace di assicurare con l’applicazione del contratto edile, grazie anche ai nostri solleciti, tutele e garanzie adeguate al tipo di lavoro svolto. Con il nuovo Codice potrebbe non essere più così e purtroppo non solo questo.
Dopo la liberalizzazione del subappalto, operata dal Ministro Salvini più di un anno fa, e contro la quale ci siamo duramente battuti – cercando di limitare i danni attraverso importanti accordi sindacali – le nuove proposte di modifica colpiscono ancora una volta la qualità del lavoro, la sicurezza e la trasparenza.
Le criticità
L’impianto generale mira a ridurre gli spazi di finanza pubblica attraverso una maggiore libertà concessa alle imprese più piccole e meno strutturate, con meno vincoli reputazionali e finanziari, minori obblighi in termini di costi del lavoro e sicurezza, e aprendo a differenti applicazioni contrattuali collettive. Ciò si traduce in un caos anche a livello delle imprese che saranno libere di applicare il contratto che vogliono, senza alcun rispetto per gli standard minimi di sicurezza e formazione, quanto mai necessari in settore rischioso come quello edile.
Si favoriscono i sindacati gialli
In particolare, le nuove norme vanno ad indebolire il principio per la corretta applicazione dei contratti collettivi nazionali, finendo per dare spazio a contratti che prevedono meno tutele per i lavoratori e che non garantiscono una leale concorrenza tra le imprese, essendo tra l’altro sottoscritti da sigle poco o per niente rappresentative. Per noi questo è uno, ma non l’unico, dei punti più gravi su cui si interviene permettendo alle stazioni appaltanti di applicare il contratto non più in base all’oggetto dell’appalto, ma in base anche ad altri criteri, come il codice Ateco dell’impresa, non sempre corrispondente all’oggetto dell’appalto, o alla dimensione o alla loro natura giuridica. La ragione è quanto mai lampante, far entrare piccole e piccolissime imprese, favorire i sindacati gialli e soprattutto, cosa più grave, risparmiare sui costi del lavoro e della sicurezza.
Se si entra sempre più nel dettaglio si capisce quanto la riforma rappresenta un’occasione persa per migliorare un settore quanto mai cruciale in questo momento per la crescita del paese, con l’enorme afflusso di risorse del Pnrr, che andrebbero gestite nella maniera più trasparente ed efficiente possibile.
La semplificazione normativa dei complessi meccanismi che sottendono i contratti pubblici dovrebbe essere finalizzata a garantire diritti e tutele, rafforzando nel contempo il contrasto all’illegalità, alla corruzione e all’infiltrazione delle organizzazioni criminali. Invece, con queste modifiche, si riducono concorrenza e trasparenza.
Sbagliata la scelta dell’appalto integrato come strumento “universale”
Reputiamo completamente sbagliata la scelta dell’appalto integrato come strumento “universale”, in quanto, se progettazione ed esecuzione sono in capo alla stessa persona, è altamente probabile che l’appaltatore persegua la massimizzazione del proprio utile piuttosto che quello dell’ottimizzazione dell’opera/infrastruttura.
L’Anac ha segnalato e suggerito una modifica proponendo un’integrazione volta a circoscrivere l’ambito applicativo dell’appalto integrato a ipotesi predeterminate, introducendo limitazioni in funzione della tipologia di opere da realizzare o del valore economico dei lavori. Ma tali osservazioni nella stesura del correttivo sono state ignorate.
Segnaliamo inoltre che la spinta sulle stazioni appaltanti affinché consentano la partecipazione alle gare a piccole imprese, creando una situazione per cui non si sfruttano le gare di appalto come leva per la crescita dimensionale e strutturale delle imprese di cui il nostro paese avrebbe bisogno. Si riducono, poi, gli strumenti a tutela della legalità e della trasparenza: basti pensare all’abolizione della “reputazione di impresa” e alle ulteriori agevolazioni date all’utilizzo dell’appalto integrato, e si allarga tantissimo il project financing e il partenariato pubblico/privato che potrebbero portare, visti i tagli agli Enti locali, ad una situazione di privatizzazione delle infrastrutture secondarie.
L’elenco delle nostre osservazioni non finisce qui e con la Uil abbiamo provveduto a farle presenti e a consegnarle nel corso dell’audizione alla Camera. Ci auguriamo di essere ascoltati e di riuscire a smuovere qualcosa, altrimenti sarà davvero dura tornare indietro.
Donato Scutaro – FenealUil Nazionale
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