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“Fare un’ Italia migliore”

17 marzo 2010 • News

L’articolo del Segretario Generale Antonio Correale sull’ultimo numero di Lavoro Italiano (anche in allegato).

"Fare un’ Italia migliore"

“Fare un’Italia migliore”. Questo e’ stato il motto ma anche l’impegno che è il nostro XV Congresso nazionale ha fatto proprio e che dovrebbe guidare le politiche economiche dei prossimi mesi, se vogliamo davvero riportare l’Italia sulla via della crescita.

La nostra economia è stata fortemente colpita dalla crisi ma anche da tragedie che si sono abbattute in maniera catastrofica sui nostri territori, peggiorando la situazione in maniera ancora più drammatica: Favara, L’Aquila, Messina, Sant’Angelo di Puglia. E’ da qui che chiediamo che riparta una strategia produttiva e di lavoro di ampio respiro ricostruendo realmente un’Italia migliore, senza dimenticare che sono ancora molti i comuni a rischio sismico e in condizioni precarie, a causa di incuria e strutture fatiscenti che non vengono controllate. Prevenzione, manutenzione, rimessa in sicurezza della parte di territorio più esposta sono già tre capitoli di una giusta e utile manovra economica anticiclica per un verso previdente per l’altro, in quanto potrebbe mettere al riparo territori sovraesposti dal rischio di altri disastri.

Non servono effetti annuncio, ma azioni concrete e mirate per inserirsi nella ripresa economica. Certo la nostra priorità resta quella di non aggiungere disoccupati e semmai di cominciare a recuperare la perdita di quei circa 157mila posti di lavoro che sono venuti in meno in edilizia nel solo 2009.

Gli ultimi dati del nostro Osservatorio Feneal/Cresme su lavoro e occupazione nelle costruzioni, infatti, indicano un continuo peggioramento della situazione: cala l’occupazione, calano le ore lavorate, cala in modo netto il part-time, assai cresciuto nella fase espansiva. Dall’inizio della fase recessiva all’ultimo trimestre del 2009 rilevato, la perdita di lavoro dipendente nelle 18 città campione risulta essere del 12,7% oltre l’indicatore generale dell’Istat. E’ una frenata che interessa tutte le aree del paese, che riguarda in egual modo lavoratori italiani e stranieri, e che rischia di far esplodere nuovamente il lavoro nero.

Ecco perché, a partire dal nostro congresso nazionale, svoltosi a Catania a fine gennaio, abbiamo chiesto una svolta politica delle costruzioni che faccia del settore un effettivo volano per l’uscita dalla crisi che ha colpito duramente l’edilizia e che rischia di provocare anche nel 2010 una consistente perdita di posti di lavoro.

Nel frattempo si devono evitare passi indietro su questioni fondamentali i come quello della sicurezza. Finora la frenata del settore non sembra aver prodotto effetti preoccupanti su questo versante, ma ciò non vuol dire che non si debba tenere alta la guardia.

Il lavoro compiuto finora su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro deve essere portato avanti con tenacia e determinazione, a partire dalla patente a punti in edilizia perché non resti un annuncio ma si concretizzi in un decreto.

Per affrontare la crisi e riattivare la crescita l’Italia necessita di una politica di sostegno al lavoro che veda negli ammortizzatori sociali del settore una risposta fondamentale; di incentivi alla domanda di piccole opere pubbliche, dell’accelerazione del Piano Casa di Edilizia Sociale; di un comportamento imprenditoriale che decida di reinvestire nell’impresa il capitale accumulato con gli anni di boom.

Chiediamo subito un confronto con il Governo, le altre organizzazioni sindacali e gli imprenditori perché venga lanciato un vero piano di infrastrutture materiali e immateriali mirato, concreto e fattibile in tempi brevi. Non opere faraoniche, ma opere in grado di dare risposte ai cittadini nelle realtà dove vivono e che facciano fare un salto di qualità alla modernizzazione del paese promuovendo la questione energetica ed il rapporto fra ambiente, consumi energetici ed edilizia. Occorre quindi anche una svolta nelle politiche economiche sperimentando nuove politiche industriali, soprattutto sul campo delle reti infrastrutturali, dell’energia collegata all’equilibrio ambientale, alla ricerca ed all’innovazione.

Lotta alla criminalità, al sommerso, all’industria della “clandestinità”, ma anche agli sprechi ed alle inefficienze delle amministrazioni pubbliche nel sud, debbono poi intrecciarsi con nuovi progetti di ripresa economica e sociale da gestire con la creazione di una sorta di governance nella quale Stato, imprese e sindacati si confrontino per determinare scelte e decisioni utili alla rinascita del sud. Il rapporto fra legalità, trasparenza e qualificazione delle imprese sono per noi la precondizione per uscire da una situazione di stallo che vede lavoratori, imprese e società civile ostaggi di una situazione che svalorizza il lavoro, i redditi e non permette l’adeguamento strutturale con il completamento delle opere in atto.

E’ quello che la FeNEAL – UIL intende evidenziare quando parla di “fare un’Italia migliore” nella quale, accanto alla riorganizzazione economica e civile, deve esserci anche l’affinamento di alcuni valori portanti come quelli che stanno alla base della coesione sociale: assunzioni forti di responsabilità, solidarietà e accoglienza, rispetto della dignità del lavoro e dei lavoratori attraverso le garanzie di diritti e regole ben chiare sui luoghi di lavoro e nella società.

 

 

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