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Emergenza umanitaria

5 novembre 2015 • INTERNAZIONALE, News

In occasione dell'incontro tra capi di stato che si terrà la prossima
settimana a La Valletta (Malta) per discutere di emergenza umanitaria,
CES e CSI hanno diffuso un'importante dichiarazione, che pubblichiamo
di seguito, sulle politiche da adottare per far fronte all'ondata di
flussi migratori in modo efficace e nel rispetto dei diritti umani
fondamentali.
Dichiarazione di CSI e CES rivolta ai Governi dell’Europa e dell’Africa, in occasione della Conferenza di La Valletta (Malta) dell’11 e il 12 Novembre.
(traduzione a cura di Arianna Torre)

La CSI e la CES desiderano offrire un contributo al Vertice La Valletta tramite una dichiarazione congiunta. Questo contributo completa ed integra le posizioni che la CSI e la CES hanno più volte assunto rispetto ad un approccio basato sui diritti di immigrazione e asilo in Europa e nel mondo. 
1. La conferenza La Valletta in uno scenario internazionale di deterioramento
Guardando l'espansione incontrollata della crisi dei rifugiati, i sindacati invitano i Paesi Africani ed Europei a migliorare le attività di cooperazione con l'obbiettivo di istituire programmi internazionali integrati per dare rifugio a chi fugge da guerre, persecuzioni e fame.
La conferenza La Valletta non dovrebbe avanzare soluzioni relative ai conflitti in Medio Oriente, che sono le cause alla radice di questa crisi umanitaria. Ad ogni modo, questo è il background contro il quale i governi dell’Europa e dell’Africa dovranno agire. 
La CES e CIS sollecitano gli Stati dell'Unione europea e dell’Africa a concentrarsi sulle discussioni al vertice relative a come affrontare le profonde cause di una migrazione forzata attraverso misure volte a promuovere lo sviluppo sostenibile sociale ed economico, la stabilità e la pace; l'apertura di canali per l'immigrazione regolare; rafforzare la tutela dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo; e la lotta contro lo sfruttamento e il traffico di migranti. L'adozione di misure volte a creare opportunità di lavoro dignitoso nei paesi di origine e nei paesi di destinazione, tra cui gli obiettivi di ottenere posti di lavoro dignitosi e procedure per la trasferibilità della protezione sociale, devono essere elementi chiave delle discussioni se si vogliono realizzare gli obiettivi dichiarati al vertice.
I Sindacati informano che, nonostante le buone intenzioni, nelle motivazioni di controllo/sicurezza sia nell’azione interna che esterna dell’UE, continuano a predominare atteggiamenti poco lungimiranti. 
2. Ristabilire la fiducia, rassicurare le persone 
La dimensione esterna dell'agenda UE non può esprimere risultati in un clima di sostanziale divisione degli stati membri. Le parti sociali europee invitano i governi a ristabilire un clima di fiducia reciproca e di cooperazione effettiva. 
E’ essenziale rassicurare la popolazione europea sulla nostra capacità di gestire le emergenze. Questo sarebbe anche un segnale per il mondo intero. L’Europa da sola è bloccata in un processo di STOP and GO in cui i segnali positivi, come la decisione a maggioranza qualificata del Consiglio di adottare un piano di reinsediamento dei richiedenti asilo, sono seguiti da pause di lungo termine a causa di una sfiducia persistente tra i governi nazionali.
L’ultimo aspetto è il più preoccupante. La coesione interna è ciò che rende la dimensione esterna dell'agenda di immigrazione UE attendibile. È chiaro che l’Europa non è esente dai rischi di una possibile destabilizzazione. La pressione esercitata sui propri confini è stata più volte la causa per la quale si è messa in discussione la libera circolazione e la libertà. Uno dei risultati chiave ottenuto dall’Unione Europea fino ad ora.
Le misure di austerità hanno creato tensioni sui comuni che hanno bisogno di assistenza finanziaria al fine di far fronte alla grande ondata di profughi, sia in termini di aiuti umanitari che di integrazione nel mercato del lavoro. Rassicurare le persone, significa anche che gli Stati possono beneficiare di una certa flessibilità nei loro bilanci per garantire che risorse extra, spese per affrontare la crisi dei rifugiati, non siano dannose per la coesione sociale e i servizi pubblici di qualità forniti dalle comunità locali.

3. Mobilitare la comunità internazionale 
I Sindacati credono che il Vertice La Valletta possa aiutare a mobilitare la comunità internazionale per un piano umanitario che protegga il maggior numero di persone al mondo, sotto la guida dell’ UNHCR.
Il rischio è che se i conflitti dovessero continuare, man mano si andranno a destabilizzare ulteriormente altre aree del mondo. Ciò comporterebbe dei costi sociali ed economici che la crisi umanitaria farà pagare ai paesi di accoglienza. 
In un contesto mondiale, l’Europa è la destinazione finale per un ristretto numero di migranti. È necessario fornire un sostegno finanziario e materiale ai paesi come la Turchia, il Libano, la Giordania e il Niger che ospitano un gran numero di rifugiati. Si vogliono stabilire dei percorsi legali per gestire meglio i flussi migratori nell’UE, in Africa e tra i due continenti.
4. Ristabilire il pieno accesso all’asilo 
I Sindacati avvertono che le limitate capacità di accoglienza stanno alterando il normale funzionamento dei sistemi asilo in Europa. La CES ribadisce la richiesta di una revisione completa delle norme di Dublino.
Gli Stati Membri non possono rinunciare ai loro doveri per garantire protezione a coloro che ne hanno bisogno. La tutela dei diritti umani è un dovere sancito nel Trattato ed una condizione indispensabile allo sviluppo dei rapporti con i paesi terzi. 
Il massiccio trasferimento di persone verso l’Europa, ha posto i sistemi di asilo sotto sforzo. Tuttavia, gli Stati membri non possono rinunciare ai propri doveri di concedere protezione alle persone in difficoltà. La tutela dei diritti umani è un dovere sancito dal Trattato e una condizione indispensabile allo sviluppo di rapporti con i paesi terzi.
I Sindacati denunciano il fatto che l’approccio “stile” hotspot in Italia (il quale inizio ufficiale è previsto a Novembre) stia già portando - rispetto ai nuovi arrivati - a ingiusti provvedimenti di espulsione, sulla infondata base che solo Siriani ed Eritrei meritino protezione. Tutto ciò va a discapito dei richiedenti asilo provenienti da Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, Somalia, Sudan, Nigeria e altre nazionalità che in “tempi normali” avevano più possibilità di ricevere protezione in Europa.
Le recenti misure adottate a livello europeo, tra cui il sistema di hotspot e le procedure di trasferimento, dimostrano che il Regolamento di Dublino non soddisfa più i suoi obiettivi e deve essere rivisto.
5. Dare il via ad un dialogo sociale per l’integrazione dei migranti nell’UE e in Africa 
Alla luce dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite recentemente adottata per lo Sviluppo Sostenibile e i suoi Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, i sindacati chiedono ai governi di essere coerenti con questo nuovo impegno internazionale nel definire gli esiti del vertice.
È chiaro che l'attuale struttura della governance mondiale non riesce a mantenere una stabilità finanziaria sul patrimonio netto, sulla crescita dell'occupazione e posti di lavoro dignitosi, su un accesso equo ai servizi sociali essenziali e i beni pubblici, come acqua, cibo, servizi sanitari, e farmaci a prezzi accessibili per malattie mortali come l'HIV-AIDS. Tutti questi sono fattori "push" nella migrazione. 
I Sindacati desiderano richiamare l’attenzione degli Stati d’Europa e dell’Africa sui recenti obiettivi adottati dall’Agenda 2030, in particolare all’obiettivo 8 – per promuovere una crescita economica sostenuta, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti. Spronare la comunità internazionale per attuare l'agenda 2030, anche attraverso un'adeguata mobilitazione di risorse pubbliche basate su sistemi e amministrazioni fiscali equi ed efficienti, dovrebbe far parte di ogni strategia mondiale.
6. Attivare il dialogo sociale per l'integrazione dei migranti in UE e in Africa
I Sindacati invitano i governi ad agire per favorire l’ingresso graduale di migranti, rifugiati e richiedenti asilo nel mercato del lavoro.
Adottando l’Obiettivo 8.8 dell’Agenda mondiale 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, tutti i 193 stati membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a "proteggere i diritti dei lavoratori e promuovere ambienti di lavoro sicuri per tutti i lavoratori, compresi i lavoratori migranti, in particolare le donne migranti".
In questo senso, guardando la dimensione esterna della politica migratoria dell'UE, è doveroso ricordare le conclusioni del Consiglio per “Un Nuovo Partenariato Mondiale per l'Eliminazione della Povertà e lo Sviluppo Sostenibile dopo il 2015” (26 Maggio 2015) nelle quali vi è dichiarato che “un ambiente politico autorizzato e favorevole a tutti i livelli” implica “un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso, oltre che l'attuazione di norme del lavoro. […] Dovrebbero esserci degli adeguati piani di protezione sociale e delle misure inclusive ed eque di sviluppo da integrare nelle politiche socio-economiche. Il diritto delle parti sociali di negoziare liberamente e concludere accordi collettivi è fondamentale. Il dialogo sociale è cruciale per il rafforzamento della democrazia e per l’aumento della trasparenza".
Se ben gestito, l’accesso al mercato del lavoro può rendere i rifugiati una risorsa per le società ospitanti. Le parti sociali dovrebbero collaborare a livello locale per assicurare questo trasferimento graduale nel mercato del lavoro. Il partenariato può aiutare le autorità locali ad attivare dei percorsi di riconoscimento delle competenze dei richiedenti asilo e dei rifugiati così da aumentare la loro possibilità di occupabilità. 
I sindacati chiedono agli Stati dell’UE e quelli africani di ratificare e attuare le Convenzioni sui Lavoratori Migranti dell'OIL e delle Nazioni Unite e garantire l'applicazione dei diritti dei lavoratori.
7. Aumentare le aree di libera circolazione per tutto il mondo con programmi di sviluppo della cooperazione 
I sindacati invitano i governi europei ed africani ad investire risorse per lo sviluppo della cooperazione per affrontare il nesso tra migrazione e sviluppo. Le risorse per lo sviluppo della cooperazione devono rispettare l'integrità dei criteri di Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS).
I programmi di sviluppo della cooperazione devono avere come scopo quello di eliminare le barriere del mercato del lavoro, rafforzando il principio dell’uguaglianza di trattamento, individuando le loro competenze e facendogli ottenere un riconoscimento in più nel mercato del lavoro. 
 Il Fondo Fiduciario dell'Unione Europea per l’Emergenza e Stabilità e per Affrontare le Profonde Cause della Migrazione Irregolare e degli Sfollati in Africa, non deve mescolare le ragioni di sicurezza e controllo delle frontiere con le azioni di sviluppo della cooperazione. Queste ultime anzi, dovrebbe rimanere ben ancorate ai vincoli di APS e in particolare promuovere posti di lavoro dignitosi nei paesi di origine.
Gli Stati membri sostengono un fondo misto che unirà l’APS con i fondi provenienti da altri budget, compresi quelli per la sicurezza. Il rischio è di sottrarre risorse da investire a favore dello sviluppo economico e sociale dei paesi africani che sono fortemente colpiti da fame, crescita demografica e impoverimento delle loro risorse naturali. Al contrario, il Fondo è un'opportunità di rafforzare il nesso tra migrazione e sviluppo.
Le risorse per lo sviluppo della cooperazione possono essere utilizzate meglio per:
- Sviluppare un quadro giuridico per la mobilità del lavoro e la tutela dei diritti dei migranti, applicando l’Agenda sui Posti di Lavoro Dignitosi
- Aprire canali legali per l’immigrazione Sud-Sud (ad esempio ECOWAS)
- Delineare delle linee guida per aprire delle strutture di primo soccorso così da far fronte ai flussi migratori non programmati
 - Sviluppare dei piani per ritrasferire le persone nei loro territori in modo da mitigare l’impatto nelle comunità locali e facilitare la loro integrazione
- Monitorare e valutare costantemente i sistemi di accoglienza
- Stabilire dei percorsi integrativi con un occhio di riguardo sull’inserimento dei migranti nel mondo del lavoro, sulla base delle migliori pratiche dell’UE
- Aiutare il trasferimento di know-how che i sindacati Europei hanno sviluppato nel campo della mobilità del lavoro e dell'assistenza ai migranti. La rete CES UnionMigrantNet raccoglie in un'unica rete transfrontaliera le migliori esperienze a livello europeo ed è pronta a trasferire tale know-how ai paesi dell’Africa. La rete sindacale associata RSMMS, che collega i sindacati da UE e Africa per condividere informazioni e fornire servizi e assistenza lungo i valichi di migranti, sta già lavorando in questa direzione.
8. Aprire dei canali regolari per l’immigrazione economica tra Africa ed Europa
I Sindacati chiedono infine al Vertice La Valletta di poter aiutare l’apertura di canali regolari per l’immigrazione economica verso l’Europa, affrontando al contempo le cause all’origine dell’immigrazione. Tuttavia, gli Stati possono trarre solo vantaggi dalla mobilità del lavoro se sono in grado di garantire posti di lavoro dignitosi, parità di trattamento, protezione sociale e servizi pubblici di qualità per tutti.
Se ben gestita, la mobilità sul lavoro può essere un fattore di sviluppo. I Sindacati chiedono che i dialoghi continuino, i processi tra l’UE e l’Africa e gli accordi dei partenariati dovrebbero ampliare o consolidare delle aree di libera circolazione all’interno del continente africano. Queste azioni stabiliranno delle condizioni per canali di mobilità ancor più trasparenti tra UE e Africa. 
L'apertura di canali legali richiede maggiore attenzione ai diritti e all’integrazione dei lavoratori migranti in Europa. L'integrazione può essere raggiunta solo in società sociali coese nelle quali le persone possono beneficiare di condizioni di lavoro dignitose e un vero e proprio sistema di protezione sociale al fine di permettere una vita dignitosa a tutti.
I sindacati esortano l'Unione europea e gli Stati membri dell'UE a coordinare l'apertura di canali legali per la migrazione attraverso politiche del mercato del lavoro che affrontino la disoccupazione e l'attivazione della forza-lavoro (compresa la forza-lavoro migrante) già presenti sul mercato del lavoro. I sindacati inoltre chiedono all’UE di coordinare l'apertura di canali legali con programmi mirati a studenti, ricercatori, migranti altamente qualificati e migranti economici. La cooperazione con le parti sociali può contribuire ad individuare settori in cui è effettivamente necessaria manodopera straniera non qualificata. Le procedure per il ricongiungimento familiare dovrebbero essere facilitate.
9. Una strategia più attendibile per far fronte all’immigrazione irregolare
È una priorità chiave per i sindacati quella di attivare la Direttiva di Tutela Temporanea (Direttiva 2001/55). I Sindacati richiedono uno schema più ampio di protezione internazionale che assicuri una permanenza legale a tutti coloro che non sono qualificati a ricevere asilo e non possono tornare a casa. I sindacati chiedono inoltre di garantire l'effettiva attuazione di piani legislativi anti-tratta - con un’attenzione incentrata sulle disposizioni relative alle vittime e al problema di genere.
Il desiderio degli Stati di gestire in maniera ordinata l’arrivo di persone bisognose di protezione internazionale comporta che nessuno si ritroverà in una posizione irregolare forzata.
Le fonti sindacali affermano che il 90% circa delle persone che arriva in Europa ha delle aspettative legittime nel presentare domanda di asilo, e questo vale non solo per i Siriani. In Italia nel 2015, sono arrivati circa 15.000 Nigeriani, 9.000 Somali e 7.000 Sudanesi e le loro posizioni debbono essere valutate attentamente. Le strade occidentali sono attraversate da un significativo numero di persone provenienti da Afghanistan, Bangladesh e Pakistan. Tutti paesi in cui vi sono conflitti, persecuzioni ed un’estrema povertà. 
Il rischio è che centinaia di migliaia di nuovi arrivi si ritroveranno forzatamente in una posizione irregolare a causa dell’inefficienza della legislazione degli Stati Membri. Vi saranno degli effetti distruttivi nel mercato del lavoro e sulla coesione sociale tra le comunità locali.
L’attivazione di uno schema di protezione temporanea, ai sensi della Direttiva 2001/55, deve evitare che l'arrivo di un numero così grande di rifugiati porti ad una presenza ingestibile di persone senza documenti, con lavoro irregolare, esposti a sfruttamento o che diventino vittime di organizzazioni criminali.
La tratta di esseri umani è notevolmente aggravata da politiche migratorie restrittive, che limitano le opzioni regolari degli individui di migrare senza rischiare la propria vita, così come dalla mancanza di monitoraggio delle agenzie di reclutamento, le quali permettono il reclutamento ingannevole dei migranti ai fini di sfruttamento lavorativo. I sindacati chiedono ai leader europei e africani di:
- Ratificare e attuare il protocollo della Convenzione n.29 sul Lavoro Forzato dell’OIL;
- Ratificare e attuare la Convenzione del Consiglio d’Europa sull’Azione sulla lotta contro la tratta degli Esseri Umani;
- Sviluppare una capacità interna di affrontare la tratta degli esseri umani, e relativi meccanismi di cooperazione regionale in Africa, in linea con il Piano d'Azione di Ouagadougou 13;
- Negli Stati membri dell'Unione Europea, applicare delle disposizioni in materia di protezione e prevenzione della Direttiva europea 2011/36 per l’Anti-Tratta.
10. Integrare l'Approccio Globale in materia di Migrazione e Mobilità (GAMM) nell'azione esterna dell'UE
Il GAMM dovrebbe essere integrato in tutti i settori dell'azione esterna dell'UE, compresi quelli della negoziazione e dell'attuazione di accordi commerciali internazionali.
Gli accordi commerciali internazionali dovrebbero essere associati così da poter cancellare le clausole sociali ed ambientali che mirano a:
- Rafforzare le Convenzioni dell’OIL stabilendo degli standard minimi di protezione per i lavoratori e gli immigrati sia nel mondo che nel posto di lavoro;
- Rafforzare l’Agenda sul Lavoro Dignitoso;
- Attuare una parità di trattamento dei lavoratori immigrati secondo la legge del paese in cui svolgono il lavoro. Questo vale soprattutto per il distacco dei lavoratori frontalieri. La Direttiva Europea 2014/66 dovrebbe essere rivista in quanto non prevede un quadro giuridico affidabile per i trasferimenti intra-aziendali;
- Introdurre chiari principi etici di reclutamento nell'assunzione del personale, al fine di evitare la fuga di cervelli o l’ingiustificato impoverimento dei mercati di lavoro locali.
- Conservare le risorse naturali dei paesi dai quali ricevono la maggior parte degli investimenti, e attraverso lo sfruttamento delle quali le popolazioni locali traggono benefici.
I paesi d’origine devono essere sostenuti durante questo percorso verso una democrazia e una crescita basata su un miglioramento delle condizioni di lavoro. Dovrebbero essere aiutati a strutturare leggi che rispettino pienamente i diritti umani e dei lavoratori migranti e norme internazionali sulla protezione dei richiedenti asilo sia al momento del loro arrivo che in quello di transito nel proprio territorio. In questo campo il movimento sindacale può svolgere un ruolo nel fornire assistenza ai sindacati dei paesi d’origine. La rete UnionMigrantNet della CES fornisce un’assistenza in tal senso. 












                    
                                        
                    
					

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