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Edilizia e crisi

18 gennaio 2010 • News

La crisi internazionale ha colpito pesantemente anche il settore dell’edilizia. Come avevamo previsto nei mesi precedenti, già nello studio di luglio sui dati delle casse edili, elaborati dal nostro Osservatorio Nazionale Feneal-Uil/Cresme su lavoro e sicurezza nei cantieri, la crisi continua a farsi sentire nel 2010 ed il rischio più grave resta la difficoltà di inserirsi nella ripresa economica internazionale con un Paese ancora più debole e sempre troppo povero di infrastrutture fondamentali.

Questo fa pensare ad un ritorno ai livelli economici anticrisi collocabile non prima del 2013-2015 con conseguenze sociali assai negative.

Inoltre il debito pubblico che continua a crescere rischia di ridurre ancora di più le risorse per le grandi opere, per gli incentivi necessari a far ripartire anche altre scommesse importanti come quella delle energie alternative e quella del riequilibrio ambientale.

E’ bene ricordare intanto che il settore delle costruzioni sta pagando in ritardo e profondamente gli effetti della recessione, con una forte contrazione di ore lavorate, che nelle grandi città ha registrato un calo del 12,3% e con una decisa flessione dell’occupazione (grandi città: -6,5%).

Se consideriamo che la forza lavoro occupata nelle costruzioni è pari, secondo le rilevazioni Istat ed Eurostat, a due milioni di addetti tra dipendenti ed indipendenti, possiamo stimare una perdita di oltre 150.000 posti di lavoro nell’ultimo anno.

C’è bisogno di ripartire con interventi immediati. L’attuazione del Piano Casa poteva essere una buona occasione in questo senso, ma si è purtroppo rivelato un provvedimento dagli effetti lenti e parziali data la sua applicazione a macchia di leopardo.

I cantieri delle grandi opere che dovrebbero partire nei prossimi mesi sono numerosi ma sarebbe utile un’accelerazione del programma previsto dando la possibilità alle amministrazioni locali di spendere le risorse disponibili oltre che per le grandi anche per le piccole e medie opere in grado di movimentare il settore e di dare respiro alle piccole imprese.

Le grandi infrastrutture sono una priorità per l’Italia. Sono opere che rappresentano una condizione indispensabile per superare le vistose arretratezze con il resto d’Europa, ma i loro benefici possono certamente essere integrati e rafforzati con un programma di piccole e medie opere immediatamente realizzabili e in grado di dare una spinta propulsiva a tutta l’economia a partire dalle Pmi, che sono la spina dorsale del Sistema Italia.

Quello che dobbiamo constatare finora è che le scelte del Governo hanno puntato più a limitare i danni che a operare per cogliere da subito un’inversione più positiva della congiuntura economica internazionale. Il 2009 è stato l’anno degli ammortizzatori sociali – ed è stato ovviamente un bene – ma non si è preparato il terreno per ripartire, e questo è un limite che potremmo pagare salato. Mancano progetti programmati, mancano tempi certi, risorse subito spendibili.

Intanto va detto che le cose da fare sarebbero tante a partire da un processo di sostituzione edilizia per la demolizione di edifici obsoleti e di scarsa qualità e la loro ricostruzione secondo criteri di sicurezza e risparmio energetico, attraverso premi volumetrici e detrazioni fiscali.

Occorre, inoltre, privilegiare la diffusione dell’offerta economicamente più vantaggiosa rispetto al massimo ribasso.

E’ fondamentale inoltre la tracciabilità dei flussi finanziari, onde contribuire alla lotta delle istituzioni contro la criminalità organizzata, da rafforzare con un potenziamento delle strutture preposte all’attività di controllo, soprattutto in materia di verifica delle caratteristiche statiche degli edifici, di sicurezza e regolarità del lavoro.

Sul piano della qualificazione delle imprese è stato sicuramente un passo importante l’inserimento della Patente a Punti per l’edilizia nel decreto correttivo al Testo Unico sulla sicurezza, ma ora ci aspettiamo di essere coinvolti nella fase di elaborazione dei decreti attuativi, privilegiando il metodo concertativo.

Inoltre bisogna sburocratizzare ancora di più la macchina pubblica, che continua a macinare lentezze e sprechi in egual misura.

Tutti questi provvedimenti diventano ancora più urgenti di fronte al pesante scenario di un’economia che forse ha toccato il punto peggiore della recessione, ma certo non riemergerà solo con qualche slogan ottimista.

Dal Governo e dal Parlamento ci aspettiamo un cambiamento di rotta forte nelle priorità delle politiche economiche: il settore delle costruzioni deve tornare ad essere considerato davvero un pilastro dell’opera di modernizzazione ed un volano prezioso per rilanciare la crescita.

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