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Edilizia in crisi, settore fermo

27 giugno 2011 • News

La crisi, che ha travolto letteralmente l’economia italiana, non deve far perdere di vista le priorità per riattivare la crescita pur nella logica necessità di pareggiare i conti e ridurre il debito pubblico.

Il settore delle costruzioni, in particolare, è sempre più bloccato, come ribadito da Cresme e Federcostruzioni nei giorni scorsi, in tre anni la produzione del settore ha perso oltre 25 miliardi, mentre gli investimenti dello Stato in infrastrutture sono calati del 33%. Tutti dati che pesano su una fetta consistente dell’economia nazionale che ha perso 290mila posti di lavoro negli ultimi tre anni.

Il settore langue, gli investimenti sono al palo e le risorse già stanziate non vengono spese o sono spese male. Per fare un esempio i fondi europei, secondo quanto affermato dal governatore della Banca d’Italia nella sua ultima relazione e dove si è concentrato molto sulla questione infrastrutturale italiana, sono stati utilizzati solo per il 15%. A ciò è necessario aggiungere, come si è visto nei giorni scorsi, che il sistema degli appalti nel nostro paese risulta sempre più inquinato da distorsioni che diventeranno insanabili senza gli adeguati controlli: appalti affidati direttamente senza passare per le gare pubbliche, lavori lunghissimi e costosi. Anche in questo caso Draghi ha chiarito come le opere infrastrutturali in Italia sono spesso più care e richiedono tempi più lunghi rispetto al resto dell’Europa. Sui giornali di questi giorni apprendiamo che da Bruxelles arriva il calcolo secondo il quale un progetto italiano richiede, quando realizzato, il doppio del tempo rispetto al +20% medio del resto del continente e un prezzo rialzato del 40% rispetto alle stime iniziali, contro il 20% del resto d’Europa. Così, ha sostenuto Draghi, i lavori eseguiti da Autostrade e Alta Velocità hanno costi e tempi superiori a Francia e Spagna. Ritardi su ritardi si accumulano divaricando il gap che ci divide dagli altri paesi europei. Secondo i calcoli dell’Authority per la vigilanza sui contratti pubblici gli appalti tra il 2006 e il 2009 sono stati realizzati con un ritardo medio dell’89%, il 4% in più dei primi anni 2000.

La situazione, come si evince chiaramente, è grave in edilizia e non solo sostiene il segretario generale FeNEAL UIL Antonio Correale e fortunatamente l’allarme sta giungendo oramai da più parti, noi insieme alle imprese da tempo ci rivolgiamo al governo perché intervenga con piani di rilancio per le infrastrutture, tanto necessarie al nostro paese, ma dando priorità e ossigeno anche alle piccole e medie imprese. Occorre sfruttare le risorse esistenti, europee e private, e sostenere nuovi investimenti in grado di riattivare il ciclo produttivo di un settore, come l’edilizia, che rappresenta il principale volano  economico e occupazionale, in grado di trainare la ripresa anche di altri settori collegati e che vale il 12% del Pil.

Sabato scorso abbiamo manifestato insieme alla Cisl per chiedere una adeguata riforma fiscale che riduca la tassazione sui redditi dei lavoratori e dei pensionati, più trasparenza nei rapporti tra fisco e cittadini, sostegno all’occupazione, il lavoro e la crescita. Dunque quello che ci aspettiamo dal Governo e per cui siamo pronti a collaborare è una politica economica vera che punti al rigore, ma anche alla stimolazione della ripresa senza la quale il Paese finirebbe nel baratro.’

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