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30 agosto 2016 • legno, News

Il punto sul Sole 24 ore nell’articolo di Cristina Casadei

LA STAGIONE DEI RINNOVI. Dopo le tensioni di luglio, il 7 settembre incontro tra Federlegno e i sindacati
Scoglio flessibilità per il legno – arredo
Le imprese chiedono che venga regolamentata a livello nazionale

 

Non sarà un’impresa facile, ma sindacati (FilleaCgil, FilcaCisl e FenealUil) e Federlegnoarredo il 7 settembre si siederanno al tavolo per aggirare alcuni scogli in primis la flessibilità che hanno bloccato la trattativa per il rinnovo del legnoarredo. Il settore si presenta molto cambiato rispetto al precedente rinnovo, come spiega un documento che le imprese hanno consegnato in marzo ai sindacati. Si è passati dalle oltre 67.256 imprese del 2011 alle quasi 57.859 del 2015, mentre gli addetti nello stesso periodo sono passati da 316.193a 255.918. La crisi ha lasciato un segno fortee il settore cerca di stare al passo con un mercato sempre più specificoe frammentato (si veda il Sole 24 Ore del5 marzo). Edè anche per questo che il rinnovo dovrà avere tra le priorità quella di non tarpare le ali alle imprese in una fase molto delicata. In Federlegnoarredo bocche cucite: «Attualmente la trattativaè in corso dice una nota, siamo in fase di confronto e negoziazione con i sindacati, abbiamo
previsto un incontroa settembre per proseguire nel lavoro, di conseguenza per noi è prematuro oggi entrare nel merito dei contenuti». Tra i capitoli molto cari ad entrambe le parti, c’è sicuramente l’apprendistato che per Federlegnoarredo è una risorsa efficace a cui bisogna dare un ulteriore impulso. Il bilancio della sperimentazione nel polo formativo in Brianza è stato positivo. Per dare ulteriore impulso allo strumento le imprese chiedono per l’apprendistato per il diplomae la qualifica professionale (dai 15 ai 25 anni) l’applicazione dell’accordo interconfederale sulle percentuali di salario (45% del salario il primo anno, 55% il secondo) ma i sindacati ribadiscono le peculiarità del settore e chiedono di riconfermare le percentuali del precedente accordo di settore: 65% del salario il primo annoe 70 il secondo. Su quello di alta formazionee ricerca e su quello professionalizzante c’è invece un sostanziale accordo. Il contratto è scaduto lo scorso marzo e il negoziato riprenderà nel bel mezzo del confronto tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil. I sindacati di categoria ricordano di aver già rinnovato, a ridosso della scadenza, laterizi, lapideie cemento. In questo caso il negoziato sta chiedendo più tempo. Certamente ci sarà da lavorare sull’aumento di 115 euro che compare nella piattaforma sindacale. Il conguaglio del precedente contratto tra l’inflazione corrisposta (per il livello di inquadramento più basso è stata circa il 6,60%) e quella reale (circa l’1,5%), già di per sè
porterebbe quasi a dimezzare la cifra.E il tasto dell’inflazioneè un tasto molto debole su cui battere in questa fase. Come ricorda Salvatore Federico, segretario nazionale della Filca Cisl, «se abbiamo chiuso il contratto dei lapidei con un aumento di 103 euro sul triennio, non potremo ragionare su cifre molto diverse per il legno», soprattutto perché, gli fa eco Fabrizio Pascucci, segretario nazionale della Feneal Uil, «le tasse sono aumentate così come le tariffe energetiche. E quindi il potere di acquisto dei lavoratoriè diminuito». Se il negoziato è lontano dal merito della parte economica su cui si registra una distanza fortissima, c’è stato già un primo affondo sulla flessibilitàche ha messo in crisi il confronto che le aziende chiedono di regolamentare a livello nazionale. Pascucci spiega che «le imprese hanno chiesto che siano aumentate le ore di flessibilità, portandole da 80a 120e spalmando la flessibilità su sei giorni a settimana. L’apertura dei sindacati ha portato a proporre un innalzamento delle ore da 80a 88 e a prevedere una maggiorazione oltre questo tetto. Sul sabato invece la partita si deve giocare in azienda. Non si capisce la linea politica delle imprese del settore, la flessibilità si regolamentia livelli di stabilimento e di produzione». Su questo capitolo il sindacato è compatto: «Se c’è bisogno di flessibilità, flessibilità sia, cercando soluzioni pratiche, lontane dall’ideologia osserva Federicomaa livello nazionale si può definire un quadro che poi dovrà essere declinato in azienda». Al di là dell’orario, le imprese chiedono anche un innalzamento della percentuale dei contratti di somministrazione al 30% e del tempo determinato al 15%, mentrei sindacati si fermano al 20% nel primo caso e al 10 nel secondo. Da non tralasciare, infine, il welfare che nel settore, oggi, «è limitato alla previdenzae alla sanità e sarà sicuramente uno dei capitoli su cui lavorareosserva Federico.
Serve attenzionea un welfare che possa essere alimentato anche in base alle condizionie alle esigenze del territorio». La ripresa del negoziato sarà insomma all’insegna di un grande sforzo negoziale.

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