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Uil Manifesto 70 Tessere 2020

5 marzo 2020

5 marzo 2020 • News

LE SFIDE CHE CI ATTENDONO

DI VITO PANZARELLA – SEGRETARIO GENERALE FENEALUIL

Il 5 marzo del 1950 nasceva la Uil e circa 1 anno e mezzo dopo si costituì la Feneal, al tempo Fenea, il 22 settembre del 1951 con il primo congresso nazionale della categoria che ebbe luogo a Potenza. Una tappa fondamentale per la crescita della giovanissima Uil, “prima prova generale nello scenario sindacale italiano degli anni ’50” – si legge nel volume “40 anni di lotte e conquiste” a cura di Camillo Benevento. – “5.040 i voti rappresentati, uno sforzo in apparenza minore, ma in realtà frutto di un impegno massiccio.”  958 iscritti non poterono essere rappresentati, e le ragioni vengono ben riassunte nelle brevi righe che seguono:
“Cari compagni e amici, abbiamo ricevuto la lettera di convocazione del nostro I Congresso nazionale al quale avremmo voluto tanto partecipare. Ma purtroppo non abbiamo i soldi per il viaggio …” Questo l’incipit di una delle tantissime missive che arrivavano da tutta Italia, documenti drammatici di uno ‘status’ preistorico e paleosindacale di quella parte del movimento operaio riuscita ad eludere la ipoteca ‘massimalista’ o confessionale e costretta perciò a sopravvivere attraverso forme di spontaneismo e di volontariato non sempre adeguate allo sforzo (immane) di ‘fondazione e di ‘espansione’ del sindacato democratico.”

Da allora molta strada è stata percorsa ed il sindacato ha dovuto superare momenti bui, cambiamenti epocali che ha vissuto da protagonista. 70 anni sono tanti, ma non per il sindacato che, con la sua storia e la sua esperienza, può ancora dare tanto al Paese perché le ragioni fondanti e la consapevolezza di essere dalla parte giusta della storia rimangono ancora valide e ci spingono a guardare al futuro più che a fare bilanci. Al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori, dei giovani e dei pensionati, siamo pronti a confrontarci per rispondere ai cambiamenti nella ricerca continua di vie innovative sul terreno della contrattazione e della tutela sociale.
A dispetto di quanti ci accusano di essere autoreferenziali e obsoleti, mi piace ricordare un dato non poco rilevante. Quello diffuso dall’ultimo rapporto Italia 2020 dell’Eurispes che spiega come la fiducia degli italiani per i Sindacati sia passata dal 17,2 % del 2012, peggior dato dell’ultimo decennio, al 46,4% del 2019. Un risultato per niente prevedibile, soprattutto alla luce della sfiducia crescente che ha colpito indifferentemente tutte le istituzioni e della crisi che da anni ha investito i partiti, sempre di più disconosciuti dal proprio elettorato. La Uil trova conferma di questo dato nella crescita dei suoi iscritti e nelle elezioni delle sue rappresentanze sindacali. L’adesione al sindacato infatti, nonostante una sfiducia diffusa anche verso i corpi sociali, resta alta ed è un risultato che la politica ci invidia, ma questo non è sufficiente, perché siamo consapevoli del forte scollamento con la società civile che anche il sindacato negli ultimi anni ha conosciuto.
Indubbiamente, come la politica, il sindacato deve scontare un forte ritardo ed una certa ideologia nel comprendere alcune dinamiche economiche e sociali che hanno investito il mondo del lavoro e per un certo periodo è stato molto criticato, ma le ragioni che hanno portato alla nascita e all’affermazione dei corpi sociali sono tutt’oggi valide e individuare le esigenze dei lavoratori – cittadini resta il nostro dovere fondante.
La voglia e anche il bisogno di sindacato, di ciò che esso ha sempre significato, si avverte prepotente, anche nei tanti movimenti dal basso che stanno venendo fuori, e questo deve spingerci a ritrovare la nostra identità ma anche a rinnovarci, definendo un nuovo progetto di rappresentanza che coinvolga tutti i lavoratori senza escluderne nessuno, in virtù del fatto che il mondo del lavoro è profondamente mutato e continua a cambiare vorticosamente.

Una frattura decisiva è avvenuta con la globalizzazione. All’indomani della caduta del muro di Berlino e della riaffermazione del capitalismo, il lavoro si è trasformato, creando una spaccatura tra i lavoratori che attraverso le lotte, avevano conquistato i diritti e gli altri, i nuovi lavoratori, completamente privi di tutela. In particolare il modello neoliberista ha tolto centralità al lavoro creando una deregolamentazione selvaggia e contro cui poco si è fatto. Il successo di quel modello capitalistico aveva come presupposto non solo il rovesciamento del rapporto tra produzione e mercato, ma anche la disponibilità di lavoro al prezzo più basso e con il massimo di flessibilità. Con la crisi ultima si è ulteriormente rafforzata l’ideologia dello stato minimo, accanto ad una fiducia eccessiva nella forza del mercato, mentre cresce l’esigenza di una regolamentazione e di un più equo stato sociale. Ed il sindacato del futuro deve ripartire proprio da questa necessità: rimettere al centro il valore e la qualità del lavoro, la dignità e la sicurezza dei lavoratori, ricreando un sistema sociale di protezione e di diritti, che coinvolga tutti e che non sia, invece, elitario. Da cui tutti si sentano protetti e non esclusi. È una sfida urgente a cui la Uil è chiamata a rispondere con tutte le sue armi, a partire dal rinnovare l’autonomia e l’indipendenza dalla politica che hanno ispirato i nostri padri fondatori e dalla centralità riconosciuta al lavoratore in quanto tale e non in quanto iscritto, altro principio cardine che ha guidato sempre la nostra azione sindacale.
La storia e l’esperienza insegnano tanto e, sebbene il sindacato debba rispondere all’esigenza di cambiamento, non meno indispensabile è ritrovarsi nel proprio passato e nella propria identità per rinascere e affermarsi in spazi vecchi e nuovi. Riconoscere gli errori e imparare da essi, capitalizzare i successi ed investire su di essi è fondamentale. Per il sindacato rinnovarsi è un dovere ma recuperare valori che ci hanno da sempre contraddistinto, come autonomia, dialogo e unità, diviene altrettanto fondamentale per affrontare le sfide del presente e del futuro e superare le storture e le distorsioni della crisi che ha investito i corpi intermedi.
La Uil, che sin dai suoi albori si proponeva di essere indipendente sia dall’egemonia comunista che da quella clericale, sebbene all’inizio fu inevitabilmente condizionata dalle vicissitudini dei partiti di area laica e socialista, pian piano riuscì ad affermare la sua identità e autonomia. Un processo di maturazione che coincise, a partire dalla seconda metà del decennio sessanta, con il suo radicamento nei luoghi di lavoro e nel territorio. Dunque ‘autonomia’, un valore fondamentale anche oggi esattamente come la necessità di mantenere un ‘dialogo’ costante con la politica senza esserne condizionati perché solo in questo modo si possono davvero rappresentare gli interessi dei lavoratori. Ma anche presenza e radicamento sul territorio per riconoscere e comprendere le reali esigenze di cittadini e lavoratori e rappresentarli nelle sedi opportune. Il sindacato deve ricostruire il suo rapporto privilegiato con i cittadini e, al tempo stesso, essere un soggetto politico portatore di interessi di parte che proponga soluzioni ai problemi del Paese. Accanto a ciò trova spazio il tema dell’unità sindacale che dal 1972 al 1984 si tradusse nell’esperienza della Federazione Cgil Cisl Uil, germogliata dal contesto del ’69 operaio con 3000 scioperi, 7milioni e mezzo di scioperanti, 38milioni di giornate di lavoro perse. Un’esperienza che aiutò il Paese a contrastare l’emergenza del terrorismo e ad affrontare responsabilmente la stagione delle stragi, come quando i sindacati decisero di non mostrare le loro bandiere in piazza Duomo, durante i funerali per le vittime della strage di piazza Fontana. Sappiamo bene che quell’esperienza terminò nel 1984, a seguito del taglio della scala mobile operato dal governo Craxi, quando i sindacati finirono per assumere posizioni differenti e la Uil responsabilmente e coraggiosamente si schierò a favore della fine di quel meccanismo. Da sempre riteniamo che la presenza della Uil abbia significato il valore aggiunto di tutto il movimento sindacale, fermamente convinti che l’idea di un bipolarismo in questa area, legato all’alternanza politica dei partiti di destra e sinistra, avrebbe rappresentato un limite all’indipendenza delle scelte a difesa dei lavoratori. Oggi, come è logico immaginare, sarebbe impensabile riproporre lo stesso modello ma quella esperienza può ispirare un nuovo ciclo di unità sindacale che vada oltre l’unità di azione attraverso l’elaborazione unitaria di proposte riformiste per il miglioramento della società civile e, in particolare, del mondo del lavoro.  Occorre inaugurare una nuova stagione di conquiste come quella che caratterizzò, di pari passo con il boom economico, gli anni settanta e ottanta.
Le sfide, oggi, sono diverse e, per certi aspetti, più impegnative. La nostra controparte non sempre ha l’aspetto classico dell’impresa o della fabbrica, ed in qualche caso, è una piattaforma digitale. A tal fine si rende indispensabile studiare ed elaborare strategie e proposte utili per arginare aree di sfruttamento spesso prive di confini definiti. Diverse e nuove sono, infatti, molto spesso le esigenze di rappresentanza, interessi da tutelare con un grande patto sociale che rafforzi il welfare pubblico e contrattuale. Diventa fondamentale promuovere un diverso sistema di protezione sociale, che unisca i lavoratori e i cittadini, ponendo al centro i loro diritti, il lavoro e la qualità della vita. Da sempre la nostra categoria si caratterizza per un modello bilaterale esemplare e che recentemente ha festeggiato 100 anni, pensato per costruire quel sistema di solidarietà e assistenza intorno al lavoratore che garantisce la protezione necessaria e spesso mancante da parte dello Stato. Anche questo vuol dire ‘fare rete’ e siamo convinti che il concetto di ‘sindacato a rete,’ promosso dalla Uil, sia il vero valore aggiunto per realizzare obiettivi condivisi e trasversali nel mondo del lavoro. La sempre maggiore mobilità dei lavoratori e l’alternarsi di diverse professioni nell’arco della vita lavorativa rende necessari uno scambio continuo di esperienze e strategie tra le diverse categorie e la Uil stessa, che deve farne sintesi politica.
Alla luce delle più grandi sfide globali che ci aspettano, tra cui non ultima quella ambientale, per la nostra Federazione restano prioritarie tre grandi battaglie al centro della nostra politica sindacale: sicurezza, crescita del salario e del potere di acquisto dei lavoratori e lotta alle disuguaglianze attraverso una più equa redistribuzione della ricchezza. In questo senso la Feneal è pronta a giocare la sua parte all’interno della nostra grande Confederazione.
Riconquistare la credibilità, essere più vicini alle persone, è una questione prioritaria di ogni forma di rappresentanza per definirsi davvero tale e contribuire concretamente al miglioramento delle condizioni di chi si rappresenta.  Noi della Uil lo sappiamo bene e ogni giorno scegliamo di essere al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori di questo paese, con il riformismo che ci contraddistingue ed il pragmatismo necessario ad affrontare i nuovi lavori e le nuove istanze di solidarietà, rimanendo sempre più vicini ai diretti interessati al di fuori di logiche precostituite e non più valide ma senza mai rinunciare alle nostre radici, il ‘sapere utile’, quelle competenze e  quel background che i nostri settant’anni rappresentano.

 

 

 

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